mercoledì 2 febbraio 2011

Imbolc: il fuoco che rinnova

Nella tradizione celtica la tensione continua tra mutamento e permanenza, temporale ed eterno è espressione di quella dualità fondamentale che dà vita alla realtà manifesta. La creazione procede dal basso verso l’alto, dal buio alla luce, dal gelo della morte al calore della vita, come il chicco di grano che, sepolto nella nera terra, muore e produce molto frutto. Il tempo celtico è un’eterna e ripetuta sequenza del ciclo di morte e rinascita, dove la morte precede la vita, la notte prepara il giorno e l’inverno partorisce l’estate; la sua essenza è pertanto il cambiamento, l’alternarsi degli opposti che determina l’azione e rende possibile la vita. L’esistenza stessa si esplica nel punto di fusione tra la volontà attiva del Dio, orientata verso il tempo, e il ciclo continuo della Dea, pura forma permanente che esiste nel tempo pur essendo da esso indipendente. Il mondo nasce a primavera, raggiunge la maturità in estate, declina in autunno e muore nel freddo inverno. Ma l'inverno è anche il periodo di attesa che precede una nuova nascita. La morte dunque non è non esistenza, ma esistenza in potenza.
L'opposizione tra stato «oscuro» e stato «luminoso» ha un profondo valore ontologico e si rende di conseguenza manifesta nei cicli del tempo, come espressione dell’eterna dualità su cui si fonda la vita. Pertanto non è il tempo a scorrere, quanto le manifestazioni stesse dell'esistenza a fluire ciclicamente attraverso i due opposti stati dell'essere. Un primo stato di immobilità e latenza, intriso di soprannaturalità, è espresso dal gelo sotterraneo della morte invernale, un raccoglimento interiore, la gestazione della Dea che si prepara a partorire la luce; il secondo stato è contraddistinto dal calore, dalla luce che rinasce, e pulsa facendo sbocciare la vita. Ogni ciclo duale possiede a sua volta un significato simbolico quale microcosmo che racchiude in sé la totalità del tempo.
L’anno è quindi una ruota che gira eternamente, suddivisa nelle quattro importanti festività, considerate lunari, che cadono quaranta giorni dopo i due equinozi e i due solstizi.
In particolare, Imbolc è la celebrazione della luce crescente, la festa del fuoco della Dea la Brigit (Bride) irlandese dalla duplice natura, la Dea della morte e della vita, il principio metafisico del cosmo che, nonostante le sue molteplici forme basate sulla dicotomia, è sempre uguale a sé stesso. In questo senso si possono spiegare entrambe le simbologie, quella del fuoco vitale della Dea Brigit, che brucia in segreto dentro il calderone, come la luce che cresce tiepida nel ventre della terra, e quella dell’acqua, ineffabile principio femminile, l’anima del mondo; in tale chiave la Dea sembra incarnare il continuo flusso di energia vitale che eternamente genera la realtà, celando in sé il mistero di morte e rinascita. La Dea inizia l’uomo ai misteri attraverso una forma di apprendimento che non è conoscenza razionale, ma esperienza della vita mediante la percezione dei suoi ritmi, dell’eterno scorrere focalizzato nella visione totalizzante di ogni singolo istante.
La Dea rappresenta per traslato anche la donna, che inizia l’uomo ai misteri dell’amore, mostrandogli come trasformare il proprio istinto naturale in pura contemplazione dell’eternità, operando la fusione dei due principi; in questa fase dell’anno è lei a spingere verso il cambiamento, ad incoraggiare la risalita verso la luce, attraversando le acque della vita oltre le quali vi è il fuoco eterno che mai si consuma e sempre brucia nel luogo più sacro. Imbolc ci invita a rinascere purificati dal fuoco, pronti per accogliere la manifestazione visibile del duro lavoro invernale operato in segreto all’interno di noi, nelle viscere della terra, che ora è pronto per vedere la luce.